Un luogo comune abbastanza diffuso nell'ambito dell'Antisistema è quello secondo il quale il M5S deve la sua crisi ad una posizione ambigua sull'euro; se il Movimento si fosse pronunciato chiaramente per l'uscita, si dice, non solo avrebbe impedito il successo mediatico e politico di Salvini, ma avrebbe sicuramente ottenuto un miglior risultato alle elezioni europee.
I dirigenti del M5S sembrano aver ascoltato questi suggerimenti, lanciando la campagna Fuori dall'euro, anzi #Fuoridalleuro. Saranno contenti quelli che insinuavano che il Movimento fosse composto da infiltrati dell'eurocrazia per sviare le masse.
La campagna è stata lanciata nell'ottobre del 2014. Sono passati più di sei mesi, ovvero un lasso di tempo sufficiente per valutarne le conseguenze in termini di consenso. Vediamo i risultati.
Il lettore è pregato di tracciare una linea verticale che parta da 'Oct 2014'.
Con tutta evidenza, la campagna per il referendum sull'euro non ha avuto il minimo impatto sulle preferenze di voto per il M5S; non è riuscita né a scalfire il consenso del PD, né, in particolare, ad arrestare la crescita della Lega.
Se uno avesse la pazienda di consultare tutti i sondaggi degli ultimi sei mesi, noterebbe due cose: un discreto picco dei consensi al M5S in corrispondenza dell'inchiesta Mafia Capitale; e una leggera risalita nelle ultime settimane. Questa ultima risalita, a mio modesto avviso, è riconducibile alla circostanza, alla portata di qualsiasi osservatore, che da un po' di tempo il M5S non attira più l'attenzione dei media per i suoi contrasti interni, ma per le cose che dice; prova ne è il fatto che nei talk shows sono sempre più presenti esponenti del Movimento, e non più solo i fuoriusciti.
Alla luce di questi dati, è forse lecito formulare un'ipotesi: chi affermava che i guai del M5S erano dovuto all'ambiguità sulla questione euro esagerava, e grandemente, l'importanza che tale questione ha presso l'elettorato italiano, che è invece sensibile ad altre questioni; prima su tutte, il malaffare del ceto politico.