Dopo
aver letto Lettera aperta agli amici sonnambuli sento forte l'urgenza di introdurre un
qualche elemento di sana realtà nel dibattito sulla Grecia, che si
sta pericolosamente avvitando. Trovo
davvero stupefacente che certi dati vengano costantemente
ignorati pur di conservare una posizione ideologica. Ricostruiamo il
quadro.
Nessuno,
fra me e Marino&Fabrizio, suggeriva al governo greco di procedere
senz'altro all'uscita dall'euro. Condividevamo tutti l'idea che nelle
particolari condizioni greche l'uscita sarebbe stata foriera di di
disastri, e che comunque avrebbe rappresentato un tradimento del
mandato elettorale di SYRIZA. Credevamo però in altre due cose:
1)
che i vertici europei volessero a tutti i costi evitare l'uscita
della Grecia, per evitare l'effetto domino e quindi la disgregazione
della moneta unica;
2)
che fuori dall'euro e dalla UE qualcuno avrebbe aiutato la Grecia.
Facevamo riferimento in particolare alla Russia e alla Cina. Ciò
apriva il versante geopolitico della questione: gli USA avrebbero
fatto di tutto per cercare di evitare che la Grecia cadesse nelle
mani di Putin.
Dal
canto mio, aggiungevo una considerazione che arricchiva il quadro
senza modificarlo:
3) e
cioè che i tedeschi non volessero affatto assumersi la
responsabilità dell'uscita della Grecia, e che avrebbero di gran
lunga preferito che tale responsabilità la assumesse il solo governo
di Atene.
La
diagnosi dunque era comune. Le idee sulla terapia invece
divergevano, ma non così drammaticamente. Marino&Fabrizio
ritenevano che Tsipras avrebbe dovuto utilizzare la minaccia
dell'uscita dall'euro: io ritenevo il contrario, in ossequio al punto
3) e quanto spiegato qui. Ma la differenza, ad un occhio attento, si
rivela minima. Il governo greco, di fatto, ha sempre minacciato la
Grexit. In un abile gioco politico si è sempre spogliato di
qualsiasi responsabilità in tal senso, designandola come un evento
odioso ma inevitabile, al di fuori delle sue capacità di intervento,
qualora i creditori non si fossero decisi a scendere a patti.
Marino&Fabrizio suggerivano a Tsipras di minacciare di gettarsi
dal burrone: Tsipras ha invece sempre danzato sull'orlo del precipizio (o altre metafore del genere), ripetendo che se fosse caduto non sarebbe stato per sua
scelta. Dal punto di vista pratico le due strategie sono identiche:
esse si fondano su un comune presupposto, ovvero che gli eurocrati
temessero come la morte l'uscita della Grecia.
Contemporaneamente,
Tsipras cercava alleati extra-europei, in ossequio al punto 2), e
lasciava a Varoufakis l'elaborazione di un piano B nella denegata
ipotesi che i creditori li costringessero davvero a lasciare l'euro.
Sul piano B torneremo più avanti.
I
mesi di trattative passavano, e i greci esportavano euro a tutto vantaggio della posizione negoziale del governo greco. Si aprivano le
prime crepe nel fronte dei creditori, che però rapidamente si
chiudevano. Gli incontri con Putin si moltiplicavano, senza però
portare a nulla di molto concreto. A fine giugno l'ultimatum dei
creditori, unitamente al congelamento degli ELA, mettevano in chiaro
a Tsipras qual era l'intento della controparte: non arrivare ad un
accordo, ma provocare una caduta del governo, sfruttando la
divaricazione tra un governo deciso a resistere ed un popolo
terrorizzato dall'eventualità della Grexit. Astutamente il
governo indisse il referendum, volto a sventare tale tentativo di
golpe mediante la dimostrazione che governo e popolo in realtà erano
compatti. La manovra riuscì perfettamente. Tsipras presentò
pochi giorni dopo le sue proposte ai creditori, volutamente moderate
per non dare l'idea che questi ultimi fossero stati costretti a
cedere su tutta la linea.
E fu
lì che l'analisi condivisa da me, da Marino&Fabrizio, e dallo
stesso governo greco, andò in pezzi.
Accadde
l'inimmaginabile: il governo tedesco propose, in termini
ufficiali, quella che può essere definita l'espulsione della
Grecia dall'eurozona, accompagnata da pelosissimi ed inquietanti
“aiuti umanitari”. Si dimostrò così falso l'assunto che i
vertici europei volessero a tutti i costi evitare la Grexit per
scongiurare i rischi di disgregazione dell'eurozona, e in particolare
si dimostrò inconsistente l'idea che i tedeschi non volessero
assumersi una simile responsabilità. Messi alle strette, se la sono
assunta. E in una sola mossa, hanno sottratto ai greci qualsiasi leva negoziale.
Patetica,
a questo punto, si rivelò l'idea che la Grecia avrebbe dovuto
minacciare l'uscita dall'euro.
In
una simile situazione, Tsipras doveva accettare l'orrendo accordo che
gli veniva proposto, ovvero preparare l'uscita dall'euro. Un'uscita
che persino un conclamato noeuro come Costas Lapavitsas ammetteva essere ingestibile.
Quest'ultimo scenario appariva davvero disastroso agli occhi di
Tsipras non perché mancasse un piano b, ma perché mancava la valuta
estera necessaria a renderlo sostenibile. Il punto 2), infatti, si è
dimostrato essere anch'esso estraneo alla realtà: Tsipras ha
dichiarato di aver chiesto a Russia, Cina e USA aiuto finanziario in
caso di Grexit, e di aver ricevuto solo risposte negative. La
Grecia era dunque sola. Non c'era piano B che tenesse: non poteva
esserlo l'emissione di IOU, espediente che avrebbe potuto funzionare
per una settimana o due (vedi anche qui e qui). Il piano presentato dalla sinistra interna
di SYRIZA, modellato attorno all'esperienza islandese, non aveva
alcun senso: l'Islanda infatti dopo il referendum del 2009 (?) e il
conseguente default entrò sotto la tutela FMI, intervento che le
consentì (al prezzo di una severissima austerità) di preservare il
valore della propria valuta. Peccato che uscire dall'euro avrebbe
comportato il default della Grecia nei confronti del FMI. Dunque lo
scanario islandese, oltre che austeritario quanto e più della
permanenza nell'euro, era anche impossibile dal punto di vista
pratico.
Naturalmente
si può rimproverare a Tsipras di non aver scelto la strada del
Grexit come prodromo di una rivoluzione socialista. In effetti, per
gestire il repentino passaggio tra l'euro e la nuova valuta sarebbero
state necessarie misure da comunismo di guerra, almeno per alleviare
i disagi della popolazione. A chi condivide questa critica si possono
dedicare le seguenti parole, citate qui:
È
rivelatore del panorama politico europeo – anzi, mondiale – che i
sogni di socialismo di ognuno sembravano poggiare sulle spalle del
giovane primo ministro di un piccolo paese. Sembrava che ci
fosse una fervente, irrazionale, quasi evangelica credenza, che un
piccolo paese, affogato nei debiti e a corto di liquidità, avrebbe
in qualche modo (e quel qualche modo non viene mai specificato)
sconfitto il capitalismo globale, armato solo di bastoni e pietre.
Quando sembrava che ciò non sarebbe accaduto, gli si sono rivoltati
contro… Come è facile essere ideologicamente puri quando non si
sta rischiando nulla. Quando non devi fronteggiare la mancanza di
beni, il collasso della coesione sociale, il conflitto civile, la
vita e la morte. Come è facile chiedere un accordo che
evidentemente non sarebbe stato accettato da nessuno degli altri
Stati membri della zona euro. Quanto è facile prendere
decisioni coraggiose quando non si mette in gioco la propria pelle,
quando non devi farei conti con il conto alla rovescia, come succede
a me, delle ultime ventiquattro dosi del farmaco che impedisce a
vostra madre di avere crisi epilettiche.
Ma questa non deve e non vuole essere una difesa d'ufficio di
Tsipras, che del resto non ne ha bisogno. Queste righe rappresentano
invece l'ammissione di un grave errore: credevo in ciò che è
contenuto ai punti 1), 2) e 3), che si sono rivelati del tutto
infondati: ecco la misura di quanto mi sono sbagliato. Marino&Fabrizio condividevano almeno i punti 1) e 2),
ma siccome non vogliono ammettere di essersi sbagliati, devono imputare
la sconfitta di Tsipras a debolezze e cedimenti di quest'ultimo,
quasi che fosse un traditore del proprio paese.
C'è poi da aggiungere un ultimo punto. Schiacciare Tsipras non è stata gratis per la Germania e per l'UE. Gli eurocrati hanno finalmente gettato la maschera, rivelando il loro volto. Cominciamo ad avere articoli come questo, e riflessioni come questa, prima impensabili. Dovessi riassumere tutto ciò in un tweet, sceglierei questo.
Se oggi è possibile una maggioranza euroscettica nel sud europa, è merito dell'esperienza del governo greco. Gli anti-euro dovrebbero fargli un monumento; invece ci sputano sopra.
Rimangono alcune questioni sul tappeto. Questo accordo evita
definitivamente l'uscita dall'euro dalla Grecia? Non è forse vero
che è per colpa dell'euro che la Grecia si è trovata in questa
situazione? Questa vicenda non dimostra che l'euro e la UE sono
irriformabili, che l'internazionalismo è una favola, e che il
nazionalismo è l'unica prospettiva per un movimento di sinistra? Ne
parleremo nei prossimi giorni, perché concentrare queste questioni
in unico post lo renderebbe pachidermico. A presto.