"Candidatura di Unità Popolare" (C.U.P.) è lo specifico nome che designa l'operazione politica a cui Podemos ha aderito in occasione delle recenti elezioni municipali spagnole, e che ha permesso di strappare i comuni di Madrid e Barcellona dal controllo dei partiti "sistemici" di quel paese.
Se si confrontano i risultati delle elezioni nelle regioni spagnole, dove Podemos si è presentato da solo, con quelle municipali, il dato è inequivocabile: il bacino elettorale delle C.UP. è il doppio rispetto a quello di Podemos. Se non fossero state messe in campo oggi non parleremmo di "rivoluzione democratica" in Spagna.
La C.U.P. è, innanzitutto, un cartello elettorale unitario, cui possono aderire movimenti e partiti, anche se non dotati di una dimensione elettorale. Questi possono essere numerosi, e anche molto diversi tra loro: Barcelòna en comù è frutto dell'impegno di undici diverse realtà sociali e politiche, grandi, piccole e piccolissime. Il collante è costituito dalla persona del candidato alla carica per cui si corre (Presidente; Sindaco), che generalmente viene individuata in soggetto di indiscutibili prestigio e rispettablità, e dal programma, nel quale devono confluire le sensibilità delle varie anime del progetto. Lo stesso programma non viene elaborato a tavolino, ma è frutto di un processo di partecipazione democratica, che se non è quel mastodontico lavoro che ho designato con la locuzione "programma di governo", ne condivide comunque la logica.
Ma la C.U.P. non è solo un cartello per vincere le elezioni: è anche, mi si passi la retorica, qualcosa che va oltre la sommatoria delle sue componenti. E' un "cantiere" in cui le varie forze alternative al dominio del ceto politico e delle aristocrazie finanziarie imparano a conoscersi, a lavorare insieme, a fidarsi gli uni degli altri, a riconoscere ciò che di comune c'è in loro. Se i cartelli che abbiamo visto in Italia presentati dalla "sinistra radicale" dal 2008 al 2013 erano esempi di "fusioni fredde", mere operazioni di spartizione tra partiti, la C.U.P. è una "fusione calda".
Podemos, com'è noto, è guidato da un manipolo di studiosi di storia e scienze politiche. L'equivalente di Podemos in italia, il Movimento 5 Stelle, è guidato da dilettanti e da guru malriusciti. I primi sono riusciti a capire l'importanza e il valore delle C.U.P. I secondi ovviamente no; hanno applicato nei confronti dei movimenti sociali e delle forze a loro affini, presenti e attive sui territori, la stessa regola che applicano nei confronti dei partiti sistemici: nessun contatto, nessuna alleanza.
La pretesa di "fare da soli" del M5S è stata fin qui ridicola e irritante, ma dal voto del 31 maggio 2015 sarà anche etichettabile come sciagurata e irresponsabile.
In queste elezioni, e in particolare in Liguria, si evidenzieranno tre cose:
1) il Movimento, per quanto in ottima salute, non è in grado, da solo, di sconfiggere i partiti sistemici;
2) esiste un grande spazio politico ed elettorale tra coloro che non si riconoscono né nel M5S, né nel ceto politico;
3) questo spazio rischia di essere occupato dai fuoriusciti dal PD e da quel che resta della "sinistra radicale", i quali già scimiottano indegnamente Podemos.
Occorre avere chiaro in mente che l'operazione che stanno compiendo questi ultimi, con in testa Civati, è di gran lunga la più pericolosa per le sorti del "fronte" alternativo a Renzi e al ceto politico. Si tratta di un'operazione che mira a riportare "al sicuro" i consensi che, per disgusto, sono passati dall'area del centro-sinistra all'astensione o al M5S. La prospettiva del nascendo soggetto politico, tuttavia, non può che essere quella dell'alleanza con il PD, che si vorrebbe condizionare da sinistra. Tutti i voti a questo soggetto, pertanto, sono voti riconquistati al ceto politico in generale, e al PD in particolare.
Dato che l'operazione potrebbe avere un certo appeal tra gli elettori, come dimostrerà l'esperienza di Luca Pastorino, è ancora più urgente cercare di reagire, organizzando delle C.U.P. in Italia, a cui il M5S dovrà dare il contributo principale, ma senza per questo rivendicarne la leadership.
L'alternativa è continuare a conquistare buoni risultati nelle elezioni, senza peraltro vincerle, e lasciando aperta una voragine a disposizione delle operazioni trasformistiche del ceto politico.
Il Movimento faccia uno sforzo di intelligenza, e segua l'esempio di Podemos e il consiglio di Fabrizio Tringali. Cominci a collaborare con i movimenti sociali per la formazioni delle C.U.P. Lo avesse fatto in occasioni di queste elezioni, avrebbe conquistato (almeno) la Liguria, e non sentiremmo parlare di Pastorino e Civati.
Le prossime occasioni sono importantissime: l'anno prossimo si vota a Torino, Milano, Napoli e Bologna. Non c'è tempo da perdere.